Torino non si vende

 

Il dott. Luigi La Spina nel suo articolo su La Stampa di ieri: Città e Aziende un rapporto da rifondare (riportato in fondo a questo comunicato) trascura il fatto che alcuni servizi pubblici locali sono strumenti indispensabili per rendere esigibili per tutti gli abitanti i diritti umani fondamentali : acqua, salute, conoscenza. 

Alcuni servizi,  per sua  stessa ammissione, sono dei monopoli naturali come l’acqua e non può esistere concorrenza tra privato e pubblico, ma solo la scelta politica della sua gestione: pubblica se l’acqua è considerata un bene comune,  o privata se è considerata una merce da cui trarre profitto. 

Analoga scelta di gestione vale anche per altri servizi come AMIAT a seconda che si voglia garantire il diritto dei torinesi all’igiene ambientale, oppure  gestire la Raccolta e Smaltimento Rifiuti a scopo di lucro. In tal caso , come egli stesso ammette,  è inevitabile la riduzione del  potere negoziale del Comune nei confronti dei dirigenti di queste società, orientati al profitto a cui subordinare ogni pretesa ecologica e ambientale.

Per il dott. La Spina  è impossibile nei fatti e discutibile nel principio ritornare al vecchio, totale o quasi, possesso azionario del Comune in tali aziende. Eppure questa è la tendenza che si sta affermando nel mondo intero, e in particolare in Europa. Dal 2000 al 2019 più di 2400 città in 58 Paesi hanno rimunicipalizzato i servizi pubblici locali : 411 in Germania,  230 negli USA, 156 in Francia, 110 in  Gran Bretagna… 8 in Italia.

Il dott. La Spina, dia un’occhiata a questo libro, pubblicato dal Trans National Institute di Amsterdam  “The future is public”  scaricabile gratuitamente dal sito  https://www.tni.org/en/node/25819?content_language=en 

Vedrà che invece è possibile e i Paesi più avanti di noi lo stanno già facendo.

 Torino, 12 febbraio 2022

 

La Stampa – 11 febbraio 2022 – pag. 31

 CITTÀ E AZIENDE UN RAPPORTO DA RIFONDARE

Luigi La Spina

Bene ha fatto il sindaco Lo Russo ad ammettere che «la città è sporca». È vero che sarebbe stato proprio difficile negarlo, soprattutto in alcune zone molto trascurate; ma alcuni recenti esempi di amministratori pubblici impediti dall'ammettere la realtà (vedi Raggi a Roma) da una errata concezione del loro ruolo dimostrano che non sempre trionfa l'evidenza.

Il sindaco, alla luce di questa inaccettabile situazione, ha annunciato che il Comune eserciterà una forte pressione su Amiat, la società a cui è affidata la pulizia della città, per ripristinare un doveroso decoro dello spazio pubblico. L'occasione è propizia, però, per riflettere sulle conseguenze di un rapporto tra Comune e società di servizio che, negli ultimi anni, si è nettamente modificato.

L'esigenza di rimpinguare le sfiancate casse della finanza pubblica ha indotto a ridurre il peso azionario del Comune nelle quote di possesso di queste società. Così è avvenuto per Amiat, ma anche per Iren, che la controlla. L'inevitabile conseguenza è stata di ridurre il potere negoziale del Comune nei confronti dei dirigenti di queste società che, come è comprensibile, tengono soprattutto a elevare i profitti delle loro imprese. Visto, peraltro, che agiscono in regime di monopolio per i servizi a loro affidati.

A questo punto, il rimedio non è quello di ritornare al vecchio, totale o quasi, possesso azionario del Comune in tali aziende, impossibile nei fatti e discutibile nel principio, ma di concentrare l'attenzione sui contratti di servizio che dovrebbero regolare le loro attività. In teoria, il livello della qualità del lavoro svolto in favore della cittadinanza è stabilito da standard dettagliati al cui rispetto sono tenuti i dirigenti di tali società.

In pratica, non sempre ciò avviene. Innanzi tutto, i controlli sono difficili da compiere, anche perché la valutazione della qualità del servizio è legata a fattori spesso imponderabili o di ambigua e contestabile interpretazione. C'è, poi, in alcuni casi, un confronto tra costi e benefici che fa propendere per una deprecabile scelta: sostenere consapevolmente le spese di una penale, perché, comunque, minori di quelle necessarie per evitarla.

La situazione denunciata da Lo Russo e sotto gli occhi di tutti i torinesi è sicuramente da affrontare con l'urgenza che merita, ma dovrebbe indurre anche a una revisione delle norme che regolano i rapporti tra il Comune e queste società a cui è affidata una parte così importante della garanzia di decoro cittadino e di civile convivenza degli abitanti. —