MOVIMENTI E G8 ALL’AQUILA: NON SIAMO D’ACCORDO. PER QUESTO CI SAREMO

 

Il percorso che ha portato le diverse organizzazioni nazionali e i movimenti territoriali verso la scadenza del G8 a L’Aquila riflette le difficoltà che attraversano, a diverso titolo, tutte le esperienze che sono maturate nelle lotte di questi anni.

Il primo dato che ci pare incontrovertibile è la fine di una qualsiasi capacità di coordinamento, anche solo con funzioni di servizio, delle associazioni e organizzazioni nazionali : di fronte all’appuntamento del G8 – e di questo G8, volutamente catapultato dal Governo sul terremoto abruzzese- le associazioni e organizzazioni nazionali si sono letteralmente sottratte a qualsiasi assunzione di ruolo.

 

Non sono naturalmente qui in discussione le iniziative delle quali ciascuna si è fatta portatrice, tutte ottime e importanti, quanto invece il sostanziale abbandono del terreno di una costruzione comune e di un percorso di condivisione delle scelte e delle pratiche conseguenti.

Ha prevalso la fuga e/o la riproposizione del proprio progetto come quello più adeguato, come se anni di percorsi di movimento comune fossero passati invano e il virus dell’autoreferenzialità fosse ancora ben saldo e diffuso.

Così qualcuno è andato in Sardegna a proporre un’ottima esperienza di costruzione di connessione regionale fra i movimenti, ma utilizzando la stessa per una sorta di esodo da ciò che si andava preparando a L’Aquila.

Qualcun altro ha scelto di lavorare su Vicenza – una lotta che tutte e tutti sentiamo nostra- ma con il malcelato desiderio di farla diventare il "real contro G8", l’unico luogo di appuntamento nazionale.

E intanto L’Aquila si è divisa fra chi ha scelto il profilo localista, adducendo una presunta incapacità delle popolazioni a comprendere una protesta "no global", e chi quella protesta ha deciso comunque di proporla, scontandone un’inevitabile separatezza.

Ma anche i movimenti territoriali, capaci di grandi e radicali mobilitazioni nelle proprie realtà, devono fare i conti con una difficoltà palese nella capacità di costruire esperienze di connessione e di intreccio fra le diverse lotte, a meno che non ci si accontenti della pur necessaria attestazione di reciproca solidarietà o ci si illuda sull’efficacia della progressiva "sottrazione" di territori come risposta alla crisi globale.

Abbiamo tutte e tutti noi perso un’occasione.

Quella di provare a fare dell’appuntamento contro il G8 un luogo di incontro tra i contro g8 territoriali, che pure si sono realizzati in tutta la penisola, e le esperienze di lotta costruite in questi anni sui temi dei beni comuni, della precarietà, dell’antirazzismo.

Quella di provare a mettere in connessione tutte queste esperienze con la crisi globale e con il "capitalismo delle catastrofi" (o shock economy, che dir si voglia), capendo, assieme alle popolazioni delle tendopoli, il "paradigma" Abruzzo e il modello di devastazione territoriale, di impoverimento economico, di frantumazione sociale e di disciplinamento di massa che lì si va costruendo, come risposta territoriale e come risposta alla crisi globale.

Quella di interrogare le nostre reciproche esperienze sulla crisi della democrazia e di provare a costruire risposte comuni, capaci di dare efficacia alle mobilitazioni e forza all’autoorganizzazione sociale.

Non siamo d’accordo. Continuiamo a pensare che la risposta alla crisi globale non consenta a nessuno di pensare di sottrarsi alla costruzione di una conflittualità radicale e collettiva, di pensare di poter navigare nelle acque conosciute delle proprie esperienze, di illudersi che si possa vincere una mobilitazione nel deserto di esperienze condivise.

Non siamo d’accordo. Per questo ci saremo.

Saremo a Vicenza il quattro luglio, contro il raddoppio della base militare.

Saremo a L’Aquila il sei e il sette luglio, per la ricostruzione dal basso e la partecipazione sociale.

Saremo a L’Aquila il dieci luglio, contro il G8 e i potenti della terra.

Ci saremo, con le nostre modeste energie, intelligenze e capacità.

Ci saremo, perché vogliamo guardare oltre.

ATTAC ITALIA