TTF

La Tassa sulle Transazioni Finanziarie

Una piccola tassa sulla finanza. Una grande risorsa per i più poveri e il pianeta

Cos'è la TTF 

 

Appello di 48 economisti                                 Speculazione e crisi: basta!

La finanza senza regole distrugge le società. Silenziosamente, quotidianamente gli azionisti spremono le imprese, cioè i dipendenti, per ottenere sempre più rendite, al nord come al sud.

Spettacolo e fragore si creano in occasione delle crisi acute, quando brutalmente si rivelano gli incredibili eccessi di cupidigia speculativa e i loro contraccolpi sulle attività e l'occupazione. Precarizzazione, disoccupazione, incremento della disuguaglianza: i lavoratori dipendenti e i più poveri sono destinati a fare le spese o della speculazione o dei danni del crac che ne deriva.


Da due decenni, il corso della finanza mondiale è solo un lungo elenco di crisi: 1987, crac delle borse; 1990, crisi immobiliare negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone; 1994, crac delle obbligazioni; 1997 e 1998, crisi finanziaria internazionale; 2000-2002, crac di internet. Infine, 2007-2008, crisi immobiliare e forse crisi finanziaria globale.
Perché questa ripetizione? Perché tutti i freni alla circolazione dei capitali e l'«innovazione» finanziaria sono stati aboliti.

Quanto alle banche centrali che hanno lasciato gonfiare la bolla speculativa, non hanno più altra scelta che precipitarsi in soccorso delle banche e dei fondi speculativi in difficoltà di liquidità.
Non aspetteremo passivamente la prossima crisi e non sopporteremo a lungo le stravaganti disuguaglianze che la finanza fa crescere né i pericoli che fa correre a tutti.

Poiché l'instabilità è intrinseca alla deregolamentazione finanziaria, come potrebbero i derisori appelli alla «trasparenza» e alla «moralizzazione» cambiare qualcosa - e impedire che le stesse cause, di nuovo, producano i medesimi effetti?

Mettere un punto significa intervenire nel cuore del «gioco», cioè trasformarne radicalmente le strutture. Invece, nell'Unione europea, ogni trasformazione si scontra con l'incredibile protezione che i trattati accordano al capitale finanziario. Per queste ragioni, noi, cittadini europei, chiediamo l'abrogazione dell’ articolo 56 del Trattato di Lisbona che, vietando qualsiasi limitazione ai suoi movimenti, offre al capitale finanziario le condizioni del suo potere opprimente sulla società.

Chiediamo anche che sia limitata la «libertà di circolazione» (art.48) che lascia al capitale ogni possibilità
di recarsi dove le condizioni gli siano più favorevoli, permettendo alle istituzioni finanziarie di trovare asilo alla City di Londra o altrove.
Se con la parola «libertà» si deve intendere quella delle potenze dominanti, oggi incarnate dalla finanza, di asservire il resto della società, diciamo subito che non ne vogliamo. Preferiamo la libertà dei popoli di vivere fuori dalla servitù della rendita finanziaria.

Elmar Altvater, Philippe Arestis, Geneviève Azam, Robin Blackburn, Jérôme
Bourdieu, Mireille Bruyere, Alain Caille, Claude Calame, François
Chesnais, Christian Comeliau, Laurent Cordonnier, Jacques Cossart, Thomas
Coutrot, Renato di Ruzza, Gérard Dunenil, Marica Frangakis, Jean Gadrey,
Susan George, Bernard Guibert, John Grahl, Jean-Marie Harribey, Michel
Husson, Pauline Hyme, Esther Jeffers, Isaac Joshua, Matthieu Leimgruber,
Frédéric Lordon, Birgit Mahnkopf, Jacques Mazier, Sabine Montagne,
François Morin, Ramine Motamed-Nejad, André Orlean, René Passet, Dominique
Plihon, Christophe Ramaux, Gilles Raveaud, Catherine Samary, Jacques
Sapir, Claude Serfati, Henri Sterdyniak, Daniel Tanuro, Hélène Tordjman,
Eric Toussaint, Stéphanie Treillet, Peter Wahl, Frieder Otto Wolf. Questo appello, firmato da 48 economisti, è pubblicato in contemporanea sui giornali di sinistra europei.

il manifesto 27 Marzo 2008