Problemi nel (e del) altermondialismo

Il movimento altermondialista, prolungamento di movimenti precedenti, esiste ormai da dieci anni. È molto se rapportato al tempo mediatico e anche alla vita umana, ma è poco rispetto ai processi di lunga durata che strutturano le evoluzioni delle nostre società. Ciò non toglie che, per un movimento che è già passato attraverso diverse fasi, sia ormai necessario fare un bilancio.  È in corso un dibattito a livello internazionale per cercare di superare le difficoltà che si avvertono in modo più o meno chiaro.

 

Una nuova fase storica

 

1. Il movimento altermondialista ha cominciato con l’essere un movimento di resistenza globale e si è manifestato, a partire da Seattle sulla fine del 1999, con tutta una serie di grandi mobilitazioni in occasione degli incontri delle istituzioni internazionali: Praga, Nizza, Goteborg, Genova, Barcellona… Ha rappresentato una rottura nei rapporti di forza mondiali sotto due aspetti: da un lato c’è la comparsa politica sulla scena mondiale di un movimento di contestazione globale, dall’altro lato, di fronte ad un neoliberismo che appare ideologicamente egemonico, il movimento attacca frontalmente i suoi fondamenti, partecipando alla sua delegittimazione ed entrando così in sintonia con le preoccupazioni dei popoli.

Al neoliberismo per il quale non c’era alternativa (il TINA di Margaret Thatcher), il movimento contrappone che “un altro mondo è possibile”.

2. La seconda fase del movimento inizia con il primo Forum Sociale Mondiale (FSM) nel 2001 a Porto Alegre. Si caratterizza per un notevole allargamento – grazie ai Forum - delle forze partecipanti al movimento, per un maggiore impatto sull’opinione pubblica e per l’avvio dell’elaborazione di proposte alternative. È la fase in cui il movimento passa dall’anti all’alter e si colloca in un contesto, dopo l’11 settembre, segnato dalla questione della guerra sulla quale concentra molta della sua attività (manifestazione mondiale del febbraio 2003 in seguito all’appello al Forum Sociale Europeo (FSE) di Firenze  -  come pure da grandi mobilitazioni nazionali specie in Europa, sulle questioni sociali (Hartz 4 in Germania, pensioni e contratto di primo impiego in Francia, articolo 18 in Italia, ecc) che evidenziano appunto la centralità della questione sociale.

3. Il movimento altermondialista presenta quindi diverse caratteristiche che ne fanno l’originalità.  Vuole essere un movimento “dei diritti civili” che rappresenta l’interesse generale contro la logica del mercato di cui è portatore il neoliberismo. È un movimento eterogeneo, composto di soggetti molto diversi che discutono e agiscono insieme ciascuno partendo dalle proprie preoccupazioni. Anche per questo è quindi attivo nei più vari campi. Funziona con il consenso, inteso non tanto come ricerca dell’unanimismo, ma come un modo dinamico di discutere per superare le divergenze iniziali. Non si pone la questione del potere politico in quanto la sua azione si colloca essenzialmente nella sfera dei contro-poteri. È unito su due grandi idee forza: il mondo non è una merce, i diritti degli esseri umani devono prevalere su quelli del commercio, della libera concorrenza e più in generale, della legge del profitto, contro il potere dei mercati. Va quindi condotta una lotta permanente per la partecipazione effettiva, a tutti i livelli, dei cittadini, alla formazione delle decisioni che li riguardano.

4. Il Forum sociale è la forma storica assunta dal movimento altermondialista per la sua comparsa sulla scena politica. La Carta dei principi di Porto Alegre lo definisce come “uno spazio aperto d’incontro allo scopo di approfondire la riflessione, il dibattito democratico delle idee, la formulazione di proposte, lo scambio di esperienze e l’articolazione per interventi efficaci, di istanze e di movimenti della società civile che si oppongono al neoliberismo e alla dominazione del mondo da parte del capitale, a ogni forma di imperialismo, e che si sforzano di  costruire una società planetaria che ponga al suo centro la persona umana”.

Il Forum sociale si propone quindi di essere un’area di dibattito, di favorire l’elaborazione di alternative e fungere da punto di appoggio per le mobilitazioni.

Il suo carattere aperto e non deliberante gli permette di accogliere in permanenza nuove forze. Le sue modalità di funzionamento e i dibattiti incrociati a cui dà impulso, hanno permesso di creare un embrione di cultura politica comune fatta di rispetto delle diversità, di messa in opera di processi di democrazia partecipativa e di rifiuto di strutture gerarchiche.

Comparsa di nuovi parametri

Oggi il movimento deve far fronte a diversi problemi che, pur non essendo tutti nuovi, si combinano creando una situazione inedita.

5. Malgrado alcune decisive battute d’arresto, l’ offensiva neoliberista prosegue e si rafforza, soprattutto a livello nazionale ed europeo. L’esistenza del movimento altermondialista non ha prodotto un rovesciamento dei rapporti di forza.

Esso non può evitare di farsi carico di questo problema centrale che rimanda alla concreta utilità del movimento stesso.

6. L’ offensiva neoliberista si esplica però in una situazione in cui la legittimità del neocapitalismo è fortemente contestata.

Contrariamente a quanto avveniva negli anni 90, non vi è più un’adesione di massa alle idee neoliberiste.

La loro legittimità è insidiata dal succedersi delle crisi, dalla continua rimessa in discussione dei diritti sociali, dall’impressionante aumento delle disuguaglianze. Gli effetti della crisi finanziaria attuale, che rischia di trasformarsi in recessione, colpiscono persino le classi dominanti. Ha provocato una levata di scudi contro il comportamento “irrazionale” della finanza, accompagnata da una litania d’invocazioni sulla “necessità di regolare i mercati” provenienti persino dai protagonisti della finanza. Il dibattito sulla natura delle regole da  adottare e sulle precise misure da prendere, si allargherà, obbligando il movimento altermondialista ad avanzare le proprie risposte se non vuole sparire dal pubblico dibattito.

7. La crisi delle istituzioni finanziarie internazionali è ormai evidente.

L’OMC non riesce a chiudere il ciclo di DOHA e tende a essere di fatto sostituito da accordi bilaterali di libero scambio.

Il FMI i cui piani di aggiustamento strutturale hanno portato alla catastrofe molti paesi, è in passivo e si riduce sempre più il numero dei paesi che a esso fanno ricorso.

La Banca Mondiale sta cercando un nuovo ruolo dopo la crisi provocata dalla presidenza Wolfowitz e il progetto di Banca del Sud va a rafforzare gli interrogativi sulla sua sopravvivenza.  E poi, il G7 che pretendeva di essere il direttorio del mondo, appare come un luogo dove non si decide nulla di importante.

In questa situazione al movimento altermondialista corre l’obbligo di precisare, di fronte alla globalizzazione del capitale, il suo rapporto con le istituzioni internazionali.

L’opposizione era facile quando esse erano il vettore della mondializzazione neoliberista. Oggi, in presenza di istituzioni spesso scavalcate dagli Stati, il movimento altermondialista deve discutere proprio quali istituzioni internazionali siano necessarie per far fronte alle molteplici crisi attuali – crisi finanziaria, alimentare, ecologica – che hanno tutte una dimensione globale.

8. Le questioni ecologiche erano quasi del tutto assenti alla nascita dei Forum, l’estendersi della crisi ambientale ha comportato una presa di coscienza generalizzata e questo tema occupa oggi un posto importante nei loro programmi. Tuttavia molto resta ancora da fare per tradurre questa preoccupazione in azioni concrete, in politica di alleanze e in strategie di iniziative concrete, anche se si sono fatti progressi notevoli.

9. Lo sviluppo di politiche della sicurezza a tutto campo si è tradotto soprattutto in schedature sistematiche dei cittadini, nella moltiplicazione di misure contro gli immigrati, pregiudicando così i diritti democratici più elementari. Invece di armonizzarsi con la democrazia l’estensione del regno del mercato si accompagna a politiche repressive allo scopo di mantenere l’ordine neoliberista.

La lotta democratica, la lotta per le libertà, devono, più che mai, essere parte integrante della lotta altermondialista.

10. Il rapporto con la politica tende a proporsi in termini nuovi. Il movimento altermondialista non può accontentarsi dell’alternanza al potere di partiti conservatori neoliberisti e di partiti socialdemocratici convertiti al socio-liberismo: la sua stessa capacità di influenza ne sarebbe pregiudicata tenuto anche conto che i movimenti sociali e civili hanno difficoltà a bloccare una volta per tutte le politiche neoliberiste. Inoltre, l’esistenza di governi – specie in America Latina – che si richiamano esplicitamente all’antiliberismo, pone la questione dei rapporti che il movimento deve avere con loro. Come può il movimento altermondialista ridefinire il suo rapporto con la politica in modo tale da preservare nel contempo la sua diversità e la sua unità e non riprodurre gli schemi del passato che, come sappiamo, hanno portato alla disarticolazione e al fallimento?

I Forum a un bivio

 

11  Il percorso dei Forum sociali si è sempre più esteso sia per le zone geografiche coinvolte

 (sub- continente indiano, Africa, Stati Uniti) sia per le nuove forze impegnate (movimenti ecologisti, economia sociale e solidale, nuove organizzazioni sindacali…) Il suo percorso continua dunque a procedere. Ne è la prova l’impegno della Confederazione Sindacale internazionale (CSI). Eppure questo sviluppo incontra diversi problemi. Alcuni di essi richiamano quelli appena citati, ma altri – già presenti fin dalla nascita del FSM, sono il prodotto delle contraddizioni interne.

12 L’ingresso di nuove forze non sempre avviene a pari livello. Per alcune di esse si tratta solo di  apparire sulle foto e la loro partecipazione al Forum non comporta un impegno di lunga durata.

Anche per quelle che, invece, considerano la loro partecipazione al Forum come uno strumento per costruire un lavoro politico comune con altri, diventa spesso difficile, a parte momenti specifici, tradurre in atto questa volontà. Uno dei rischi dei Forum sociali è dunque quello di trasformarsi progressivamente in grandi messe cantate, tipo seminari sui destini del mondo, e di veder così esaurirsi poco a poco il loro ruolo.

13. Questa constatazione induce a prendere in considerazione la seconda funzione dei Forum, quella di elaborare delle scelte. Queste non possono nascere dal nulla  durante gli incontri nei pochi giorni di durata dei Forum. In quei momenti possono essere esplicitate e mediatizzate ma, per esistere, esse richiedono un lavoro continuo per costruirle. Il che significa, per definizione, un accordo politico tra i movimenti per fare ciò. La costruzione di alternative comuni riguarderà quindi solo una parte delle forze impegnate nei Forum. Di più, qualche movimento potrà essere d’accordo su un tema ma non su di un altro. Le diversità del movimento, che sono la sua forza, hanno un prezzo politico.

14. Le difficoltà aumentano ancora quando bisogna fare sì che i Forum servano da punto di appoggio per le mobilitazioni. Alcune organizzazioni possono partecipare ai Forum per il dibattito, per confrontare i loro punti di vista, senza porsi problemi di mobilitazioni da costruire. E poi, anche al di là delle eventuali divergenze politiche, ogni movimento ha le proprie linee di intervento ed è difficile trovare priorità di azione che siano comuni a tutti.

15. I Forum hanno permesso di approfondire la collaborazione tra i movimenti attivi sulla stessa tematica costruendo delle “reti”. Reti che hanno la tendenza di strutturare sempre di più l’attività dei Forum, in particolare a livello europeo. Questa evoluzione è ovviamente positiva in quanto permette di radicare i Forum in dinamiche concrete ma può anche ostacolare lo sviluppo di una cultura politica comune. Non si è ancora trovata una soluzione capace di articolare attività tematiche e dinamica globale.

16. I Forum sociali erano basati su una sfida non dichiarata: la dinamica del percorso avrebbe potuto permettere di consolidare una cultura politica comune, l’avvicinamento dei punti di vista, l’elaborazione di alternative comuni, la convergenza di strategie e la costruzione di mobilitazioni federatrici.  Si deve invece constatare che non succede quasi mai e che è molto difficile costruire percorsi di mobilitazione nell’ambito dei Forum. Il bilancio della Giornata di azione mondiale del 26 Gennaio 2008 riassume le difficoltà di questa impresa.

Decisa dal Consiglio internazionale (CI) del FSM, derogando in questo caso dalla regola fino allora invalsa secondo la quale il CI non è teoricamente un organo decisionale in materia di mobilitazione – quella giornata si è trasformata progressivamente in “FSM decentrato”. È vero che in quell’occasione sono state prese numerose iniziative , ed è altrettanto vero che hanno avuto risonanza in diversi paesi, resta tuttavia il fatto che per quell’appuntamento il movimento altermondialista non è riuscito a dare prova della sua capacità di reale mobilitazione a livello mondiale, tenuto anche conto che quell’iniziativa aveva l’appoggio della CSI.

Analogamente, le difficoltà del FSE rimandano a problemi simili.

17. In questa situazione sono possibili tre orientamenti. Il primo tende, con qualche aggiustamento marginale, a continuare nella stessa forma il percorso attuale dei Forum con la motivazione, giusta, che l’importante è mantenere una dinamica di allargamento non ancora giunta ad esaurimento. Il secondo orientamento non è in contraddizione con il primo. Ammette che i Forum hanno una loro utilità e devono quindi proseguire nella forma attuale. Ma ritiene che l’importante sia altrove, poiché i Forum sarebbero incapaci di rispondere alla nuova situazione: questo altrove può assumere forme diverse a seconda dei protagonisti (postaltermondialismo, costruzione di una “internazionale”, passaggio alla politica partitica, ecc). È tuttavia possibile un altro orientamento che miri a fare dei Forum un punto d’appoggio per rispondere ai problemi nuovi che il movimento altermondialista deve affrontare.

18. Quest’ultimo orientamento è difficile da attuare perché presuppone il farsi carico di due aspetti in parte contradditori dei Forum: mantenerli come ambito vasto e loro allargamento da un lato, e possibilità , dall’altro lato,  di elaborare alternative comuni, di costruire linee di lotta e processi di mobilitazione che potranno coinvolgere solo una parte dei partecipanti ai Forum. Si tratta dunque di creare delle “cooperazioni rafforzate” tra diversi protagonisti dei Forum e di fare in modo che l’organizzazione pratica dei Forum permetta di realizzarle.

19.  La procedura di preparazione dei Forum è oggi essenzialmente impostata su un complesso meccanismo di costruzione di momenti di dibattito e la loro proliferazione esprime la grande diversità degli attori presenti e degli spazi di intervento coperti. In questo quadro, però, le questioni strategiche vengono trattate negli interstizi dei Forum, ai margini.

Tocca all’Assemblea dei movimenti sociali rispondere a questa preoccupazione. In effetti, non essendo realmente integrata nelle procedure del Forum, essa appare come un semplice evento aggiuntivo e non è effettivamente preparata  a monte per concludersi in risultati concreti.

Bisogna quindi rivedere le procedure di preparazione dei Forum in modo che le questioni di strategia diventino parte essenziale del programma e dell’organizzazione dei Forum stessi. Il Forum non deve essere semplicemente la sommatoria di momenti di dibattito, ma deve permettere che si costruiscano strategie per pesare sul corso degli eventi.

20. Bisogna dunque far evolvere il senso politico dei Forum. Ma cambiare la configurazione politica dei Forum presuppone un duplice accordo politico: un accordo affinché questo cambiamento non rimetta in discussione il fatto che il Forum, in quanto tale, non prenda decisioni, condizione questa perché tutte le forze vi possano partecipare; ma in compenso deve esserci un accordo politico perché in tale contesto si possano attuare “cooperazioni rafforzate”, ed in esso trovino i mezzi per esistere e possano beneficiare della necessaria visibilità politica. Bisogna quindi seguire un crinale che permetta di combinare il rispetto della diversità politica dei Forum e la costruzione di strategie efficaci.

Conclusione

Il futuro del movimento altermondialista non è assicurato. È posto di fronte alla sfida che consiste nella sua utilità nella durata.

Ha dapprima espresso un rifiuto radicale dello stato del mondo. Rifiuto che è stato e resta determinante, perché chiarisce la prospettiva. Il suo problema oggi è di riuscire ad essere effettivamente un movimento che contribuisce alla trasformazione del mondo

Il documento è del luglio 2008 (NdT)